Lectio Brevis Complexus Piano
Creatività, immaginazione, improvvisazione, estraniazione… divenire complice con il proprio strumento nel creare empiriche partecipazioni ricche di suggestioni; musica, o meglio suoni che si mostrano alla sola sublimazione tra l’interprete e il proprio strumento. La postura, il contatto, le dita, il respirare, forse la più trasgressiva vicinanza che ne amplifica l’emozione di essere attore e trait d’union creativo. Il buio, il silenzio distanziano l’orizzonte divenendo infinito, quello stesso sentimento che lega l’uomo fissandolo alla terra purché possa osservare il cielo. E l’artista, pianista o compositore si consuma… “al diavolo quel troppo angusto tavolo che produce numeri concatenati a suoni neutri, dove la penna scorre sospettamente veloce”. Abbracciando il pianoforte avrai l’intuizione e la consapevolezza che il vibrare non produrrà il solo suono ma l’estemporaneo allineamento della tua anima con il mondo circostante reale, pur se nella più completa estasi improvvisativa; nella realtà, incontri da incubo al cospetto di una incomprensibile incolore tastiera dal solo contatto con le dita che domandano del loro ruolo o posizione fronte un orizzonte senza apparente speranza. Un sol suono una magra melodia, più suoni una accattivante armonia, uno spunto, quel divino spirito creativo che dipana il più intimo pensiero che altrimenti non sarebbe mai nato. Credere, approfondire, pretendere… chissà, come esorcizzare l’infallibilità del gesto o dichiarare la nostra intima pigrizia, forse estremo ultimo delirio della più esuberante presunzione.